Diario del Festival
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23 ottobre 2003
Scienza e Arte
Giulio Nepi

"La luce è il pennello del Novecento". Parte da questa riflessione il percorso artistico di Alessandro Lupi, 27 anni, artista genovese diplomatosi da pochi anni presso l'Accademia di Belle Arti proprio con una tesi sull'uso della luce nell'arte contemporanea: "è una materia relativamente nuova nell'arte, anche se ha già conosciuto applicazioni da parte di grandi artisti, come Dan Flavin [una sua opera nella foto in alto, ndr] o Lucio Fontana".
Proprio sulla luce, anzi su Le forme della Luce, Alessandro ha tenuto un seminario presso l'Accademia nel corso dell'anno accademico 2002/2003: i risultati del percorso compiuto dagli studenti sono ora raccolti nell'omonima mostra aperta fino al 3 novembre alla Sala Mostre della Biblioteca Berio, una fra le molte esposizioni in programma per il Festival della Scienza.

A sfogliare il programma della manifestazione spiccano parecchi appuntamenti interessanti, come le tre mostre fotografiche (Acqua, Mare di Liguria, Altri sguardi) o Dietro le quinte di Infinities alla Pinksummer. Ma noi di mentelocale abbiamo deciso di puntare i riflettori (è il caso di dirlo) sulle ragazze dell'Accademia.

Le forme della luce – frutto di una collaborazione multidisciplinare fra i corsi di Stile, Storia dell'Arte e del Costume, Percezione Visiva e Fenomenologia delle arti Contemporanee – è divisa in due parti: la prima è di tipo didattico, con una serie di affascinanti diapositive dedicate alla presenza e all'uso della luce nell'arte contemporanea, la seconda ospita i lavori degli studenti.
Il tutto ambientato in una stanza immaginaria dove tecnologia e pratica artistica contribuiscono insieme ad aprire una porta sulle nuove espressioni: tra luce e ombra si snodano alcune installazioni che disegnano una traccia possibile tra scienza e arte. Fra le opere, Touch me, di Marta Profumo, in cui un raggio di luce attraversa le mani dello spettatore, illuminando i capillari sanguigni; L'inquilino del 3° piano di Annalisa Pisoni, una stanza a metà fra Hitchcock e Polanski in cui un'improvvisa illuminazione mostra all'occhio la forma invisibile di un cadavere; lo spazio senza titolo di Paola Margallo e Nicole Mercatelli, dove il gioco percettivo delle luci primarie crea un'illusione ottica dinamica. Affascinanti anche la stanza con la candela ideata da Marlene Saipa, la scomposizione dell'albero elaborata da Francesca Biacchessi e Elisa Chimera e la duplicazione di un fantasmatico Einstein nel Pensiero di Carla Benvenuto.




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