"La luce è il pennello del Novecento".
Parte da questa riflessione il percorso artistico
di Alessandro Lupi, 27 anni, artista
genovese diplomatosi da pochi anni presso l'Accademia
di Belle Arti proprio con una tesi sull'uso della
luce nell'arte contemporanea: "è una
materia relativamente nuova nell'arte, anche se
ha già conosciuto applicazioni da parte di
grandi artisti, come Dan Flavin [una sua opera nella
foto in alto, ndr] o Lucio Fontana".
Proprio sulla luce, anzi su Le forme della
Luce, Alessandro ha tenuto un seminario
presso l'Accademia nel corso dell'anno accademico
2002/2003: i risultati del percorso compiuto dagli
studenti sono ora raccolti nell'omonima mostra aperta
fino al 3 novembre alla Sala Mostre della
Biblioteca Berio, una fra le molte esposizioni
in programma per il Festival della Scienza.
A sfogliare il programma della manifestazione
spiccano parecchi appuntamenti interessanti, come
le tre mostre fotografiche (Acqua,
Mare
di Liguria, Altri
sguardi) o Dietro
le quinte di Infinities alla Pinksummer.
Ma noi di mentelocale abbiamo deciso di puntare
i riflettori (è il caso di dirlo) sulle
ragazze dell'Accademia.
Le forme della luce –
frutto di una collaborazione multidisciplinare
fra i corsi di Stile, Storia dell'Arte e del Costume,
Percezione Visiva e Fenomenologia delle arti Contemporanee
– è divisa in due parti: la prima
è di tipo didattico, con una serie di affascinanti
diapositive dedicate alla presenza e all'uso della
luce nell'arte contemporanea, la seconda ospita
i lavori degli studenti.
Il tutto ambientato in una stanza immaginaria
dove tecnologia e pratica artistica contribuiscono
insieme ad aprire una porta sulle nuove espressioni:
tra luce e ombra si snodano alcune installazioni
che disegnano una traccia possibile tra scienza
e arte. Fra le opere, Touch me,
di Marta Profumo, in cui un raggio di luce attraversa
le mani dello spettatore, illuminando i capillari
sanguigni; L'inquilino del 3° piano
di Annalisa Pisoni, una stanza a metà fra
Hitchcock e Polanski in cui un'improvvisa illuminazione
mostra all'occhio la forma invisibile di un cadavere;
lo spazio senza titolo di Paola
Margallo e Nicole Mercatelli, dove il gioco percettivo
delle luci primarie crea un'illusione ottica dinamica.
Affascinanti anche la stanza con la candela
ideata da Marlene Saipa, la scomposizione
dell'albero elaborata da Francesca Biacchessi
e Elisa Chimera e la duplicazione di un fantasmatico
Einstein nel Pensiero di Carla
Benvenuto.
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